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Testo della canzone

La luna nova ncopp’a lu mare
stenne na fascia d’argiento fino;
dint’a la varca nu marenare
quase s’addorme c’ ’a rezza ’nzino…

Nun durmí, scétete, oi marenà,
votta ’sta rezza, penza a vucà!
Nun durmí, scétete, oi marenà,
votta ’sta rezza, penza a vucà!

Dorme e suspira stu marenare,
se sta sunnanno la nnammurata…
Zitto e cuieto se sta lu mare,
pure la luna se nc’è ncantata…

Luna d’argiento, lass’ ’o sunnà,
vaselo nfronte, nun ’o scetà…

Luna d’argiento, lass’ ’o sunnà,
vaselo nfronte, nun ’o scetà…

Comme a stu suonno de marenare
tu duorme, Napule, viat’ a tte!
Duorme, ma nzuonno lacreme amare
tu chiagne, Napule!… Scétete, scé’!…

Puozze na vota resuscità!…
Scétate, scétete, Napule, Na’!…

Puozze na vota resuscità!…
Scétate, scétete, Napule, Na’!…

Testo della canzone tradotto

La luna nuova, sul mare,
stende una fascia d’argento pregiato.
Nella barca, il marinaio,
quasi si addormenta con la rete in grembo.

Non dormire, svegliati, o marinaio,
getta questa rete, pensa a remare!
Non dormire, svegliati, o marinaio,
getta questa rete, pensa a remare!

Dorme e sospira questo marinaio,
sta sognando la fidanzata.
Zitto e tranquillo è il mare,
anche la luna si è incantata.

Luna d’argento, lascialo sognare,
bacialo in fronte, non lo svegliare.

Luna d’argento, lascialo sognare,
bacialo in fronte, non lo svegliare.

Come un sonno di marinaio,
tu dormi, Napoli, beata te.
Dormi ma, nel sonno, lacrime amare,
tu piangi Napoli, svegliati, svegliati!

Possa una volta resuscitare.
Svegliati, svegliati, Napoli!

Possa una volta resuscitare.
Svegliati, svegliati Napoli!

Esposizione commentata e ambientazione
Questo brano del 1887 è stata l’opera che ha consolidato in via definitiva la fama del sodalizio Di Giacomo-Costa nella scena canora partenopea.
Breve e leggera, all’apparenza estremamente semplice nella struttura e nei contenuti, Luna Nova cela nei suoi versi di placido canto marinaresco un messaggio piuttosto stratificato. Luna Nova si sviluppa su tre quartine e tre distici alternati di decasillabi ed evoca, come Di Giacomo è magistralmente abile a fare, la scena uggiosa e languida di un pescatore che si addormenta sulla sua barchetta in mare aperto pensando alla donna amata e dimenticandosi pure di gettare la rete da pesca, cullato e conciliato dall’argentea notte stellata. Facendo ampio uso delle ripetizioni, il poeta culla inizialmente l’ascoltatore nella stessa monotonia, per poi adoperare lo stesso espediente per esortare il pescatore a svegliarsi e riportarlo alla realtà.
Nella seconda metà della canzone, questo medesimo scenario viene riprodotto, ma con stavolta protagonista la città di Napoli ed un tono sensibilmente più apprensivo e meno ironico, esortando allo stesso modo la città a scuotersi e riprendersi dal suo torpore. Quella che viene lasciata infine all’interpretazione contestuale dell’ascoltatore dell’epoca è una preoccupata critica sociale ed esortazione alla rivalsa, per una città che, come la notte del pescatore, era ricca di bellezze, risorse e vivacità culturale, ma che a seguito dell’annessione al Regno D’Italia era divenuta l’ombra di sé stessa e si era lasciata trasportare passivamente alla decadenza economica, la fuga di manodopera, le crisi sanitarie e la corruzione, perdendo i suoi antichi fasti e finendo per essere additata dal resto d’Italia come un covo di briganti.

Genesi e retroscena
Di Giacomo scrisse il testo spinto inizialmente da una necessità di critica sociale, alla quale si è ispirato per formulare la metafora, ma sull’onda del successo della sua collaborazione con Costa, che stava in quegli anni dando i suoi frutti e attirando l’attenzione di sempre più impresari teatrali, subito la poesia fu adattata in canzone. L’occasione per performarla la prima volta davanti a un pubblico si presentò durante una serata di commedia musicale organizzata al teatro “La Fenice” in occasione dello sgombero delle suore del Convento delle Pentite, nel corso della quale furono eseguite decine di nuove canzoni.
L’evento era stato un totale disastro per il povero impresario: tutte le canzoni venivano fischiate, ma quando fu il turno di presentare l’ultima, Luna nova, lo spettacolo poté ritenersi salvo: il pubblico balzò in piedi ed applaudì per diversi minuti di fila.
Il successo del brano fu subito assicurato e portò alla ribalta il duo di artisti, che ora venivano contesi ferocemente da tutti i teatri della città. Tanto fu lo slancio di fama che Costa arrivò addirittura a esibirsi in Luna Nova al Vaticano, e si dice che a Papa Leone XIII piacque così tanto che divenne una delle sue canzoni preferite e chiedeva al cardinale Hohenlohe di suonarla al pianoforte ogni volta che poteva.
Tra le interpretazioni di questo brano ricordiamo quelle di Beniamino Gigli, Carlo Buti, Francesco Albanese, Fausto Cigliano e Mario Gangi, Giacomo Rondinella, Claudio Villa e Roberto Murolo.